venerdì 8 marzo 2013

SPECIALE CASO NIGERIA - Quando l'omofobia diventa persecuzione.


(articolo a cura di Demetrio Marrara)

E' di un paio di giorni fa l'annuncio shock dato dalla presidentessa, Dilichukwu Odyeninma, della Federcalcio Femminile Nigeriana:

"L'omosessualità è da oggi ufficialmente proibita nel calcio nigeriano. Qualsiasi calciatrice che sarà ritenuta colpevole di tale attitudine o atteggiamento sarà estromessa dalla selezione o da tutte le competizioni ufficiali"


E' inammissibile che nel 2013 ci ritroviamo nuovamente ad affrontare questi argomenti. Ma si sa, in Africa, l'omofobia è un cancro societario forte. Nei paesi musulmani l'omosessualità è punita con la pena di morte attraverso la lapidazione. In altri paesi, di stampo cristiano, l'omosessualità è altrettanto punibile ma con 14 anni di carcere.

Questo decisione e incitamento alla pulizia etnica è solo l'ultimo di una serie di provvedimenti presi nei confronti della popolazione nigeriana. I cittadini sono quotidianamente sottoposti, ed esposti, a sorprusi e atteggiamenti discriminatori di ogni specie.

Nel 2008 una legge aveva negato il matrimonio omosessuale. La maggior parte della popolazione è contraria all'omosessualità e sono infiniti coloro che si reputano intollerabili a questo.

Non è la prima notizia di questo tipo. Anni fa il direttore tecnico della Nazionale Maggiore Nigeriana, di calcio femminile ovviamente, aveva escluso delle giocatrici poichè lesbiche.
A cui si sommano le dichiarazioni recenti dell'allenatrice Uche, la quale affermava " Abbiamo visto finalmente i risultati dei nostri sforzi, e posso ora comunicarvi che l'omosessualità è solo un lontano ricordo nella nostra nazionale ".

Una bugia enorme, tendente a mascherare un problema persistente nella comunità nigeriana.

Questa caccia agli omosessuali che prende i contorni di una persecuzione omofoba viene attuata dalle società, le quali non vogliono nemmeno sentir parlare di omosessualità. Una sorta di cooperazione tra società-dirigenti e federazione calcistica. La pena a cui sono sottoposte le atlete varia dall'esclusione dalla nazionale, in ambito federale, al licenziamento dalla società di appartenenza.

Una vera e propria caccia alle streghe medievale. Nel 2013 è inaccettabile e inammissibile una situazione del genere tanto che la FIFA ha deciso di esaminare, prendendo seriamente in considerazione la questione, e di valutare se ci sono gli estremi per aprire un'inchiesta. Uno degli slogan della FIFA è proprio la lotta, e l'avversione, nei confronti della discriminazione omofoba e razziale.

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