venerdì 22 marzo 2013

PREVIEW CROAZIA-SERBIA - Quando il calcio va oltre lo sport.


(articolo a cura di Demetrio Marrara)

Nessuna sfida tra Italia e Brasile. Nessun Neymar, nessun Thiago silva. Niente Pirlo, Buffon e nemmeno Balotelli. La partita più attesa del weekend delle nazionali è sicuramente Croazia-Serbia, non di certo per motivi sportivi. In questo caso la partita va oltre il calcio stesso, oltre lo sport, oltre il dare un calcio ad un pallone e fare gol. Questa sera in campo ci saranno i giocatori, ma fuori la faranno da padrona altri fattori.
Si parla di argomenti grandi, immensi, di problemi atavici e di questioni tremendamente serie.

Storia di guerre, di precedenti, di politica, di geografia. Di mentalità costrette a coesistere, di pensieri obbligati a convivere sullo stesso suolo.
Una polveriera pronta a prendere fuoco non appena la miccia venga innescata.

Croazia e Serbia si affrontano per la prima volta in una partita di calcio dalla scissione dell'ex-Jugoslavia.
Nel 1999 si giocò la partita tra i croati e gli jugoslavi, ma non era la stessa cosa perchè ancora il Montenegro faceva parte della Jugoslavia.

Lo stadio che ospiterà la partita questa sera è il Makmisir di Zagabria. Lo stesso che doveva, all'epoca, ospitare il derby tra Stella Rossa di Belgrado e Dinamo Zagabria. Una partita che non si giocò mai, nel maggio del 1990, perchè dopo l'elezione di Tudman (che voleva fare della Jugoslavia una confederazione) a presidente dell'Unione democratica croata, scoppiò la guerriglia. Era il preludio alla guerra civile che di lì a breve sfociò in una vera e propria guerra di indipendenza.

Quella notte, 3000 "tifosi serbi", chiamarli tifosi è un eufenismo, appartenenti alla Tigre di Arkan, un gruppo paramilitare oppositore alle voglie indipendentiste dei croati, seminò il panico a Zagabria ferendo 60 tifosi della Dinamo. La polizia, di maggioranza serba, li lasciò agire per lunghi tratti poi quando i tifosi croati tentarono di invadere il campo per rispondere ai serbi, decisero di intervenire.
Storico, fu il calcio rifilato dal campione croato Zvonimir Boban ad un poliziotto serbo che stava prendendo a mazzate un tifoso della Dinamo.

23 anni dopo la situazione, ovviamente, è notevolmente mutata. Speriamo di non assitere più a nulla di tutto ciò, ma la memoria resta ardentemente viva negli occhi di chi l'ha vissuta.

La Uefa, negli anni, si è impegnata notevolmente nel combattere le guerre lanciando messaggi di pace.
Platinì ha scritto privatamente una lettera ai due presidenti delle rispettive Federazioni calcistiche.
Il messaggio, però, non è stato colto da tutti. Il neo allenatore della Croazia Stimac aveva provocatoriamente proposto che fosse Ante Gotovina (capo dell'esercito croato accusato di pulizia etnica sui serbi, assolto nel 2012) a battere il calcio d'inizio. Dall'altra parte c'è il mito Sinisa Mihajlovic, nato sulle sponde del fiume Vuka, a Vukovar. Una cittadina croata che il presidente serbo Nikolic, definisce di proprietà serba.

Insomma, il clima resta teso ma speriamo che questa sia solo una partita di calcio in cui la Croazia, capolista del gruppo A, se la giochi a viso aperto contro la Serbia, che cerca di rimontare i 6 punti di svantaggio.

Il calcio, come spesso accade, ha questa volta il compito di mandare un messaggio importante. Lo sport è anche questo. Un mezzo di comunicazione di massa, un esempio per le popolazioni. Appuntamento a stasera, alle 18 per una partita che definire tale è fin troppo riduttivo.

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