lunedì 8 aprile 2013

EDITORIALE: Serie B e Salary Cap: rivoluzione Copernicana o boomerang?


(editoriale a cura di Emilio Scibona)
La Lega Serie B(che da ormai due stagioni è entità distinta e separata da quella che fu Lega Calcio, oggi Lega Serie A) ha deliberato l'introduzione del famoso "Salary Cap" ovvero il tetto ingaggi tipico degli sport americani. Assieme al Cap, fissato a 300 mila euro è stata introdotta una nuova regolamentazione sulla composizione delle rose, con un limite di 22 giocatori sopra la soglia dei 21 anni di età, mentre dalla stagione 2014/2015 il numero scende a 20. La scelta, come ha spiegato il presidente della Lega Serie B Andrea Abodi, è stata fatta al fine di ridurre le spese delle società di Serie B,tutelando dunque i patrimoni economici delle società. Società, che nel caso in cui non si allineassero alle direttive della Lega subirebbero la decurtazione delle risorse in base all'ammontare dello sforamento del Cap.

Il concetto di "Salary Cap" è un concetto che appartiene per definizione agli sport americani, dove le squadre a seconda dello spazio salariale possono lavorare e spendere sul mercato. Bisogna però tenere conto che negli sport americani non esiste il concetto di "cartellino" del giocatore e che il Cap non consiste nella cifra percepibile da un giocatore ma nella spesa complessiva . Prendo come esempio l'NBA di cui sono appassionato. Una società, o per meglio dire una franchigia non acquista il giocatore offrendo denaro come merce principale di scambio, ma lo acquista in base all'ingaggio che il giocatore pattuisce in virtù del contratto da lui firmato all'ingresso nella lega o nel periodo Free Agent, ovvero quando il giocatore è libero dal vincolo contrattuale. In soldoni se una franchigia vuole ingaggiare LeBron James, giocatore dei Miami Heat che quest'anno prende 17 mlioni di dollari, offrirà ai Miami Heat dei giocatori in base allo spazio del Cap. Se una franchigia ha 10 milioni di spazio salariale potrà offrire alla franchigia un giocatore che vale sette milioni, rientrando nei parametri del Cap. Il discorso in realtà sarebbe ancor più complesso. Esistono possibilità diverse di sforare il Cap, dalla Luxury Tax, alla più semplice Middle Level Exception utilizzabile ogni anno dalle franchigie per sforare il tetto, fino alla recente Amnesty Clause. L'unica cosa che non esiste come già detto è il concetto di cartellino. Concetto che invece nel mercato calcistico è strutturale ed essenziale. Il giocatore ha un valore di mercato prima e poi un corrispettivo d'ingaggio. Introdurre un Salary Cap nel calcio, per quanto nobile possa essere il fine, perché ridurre i costi è sempre un nobile fine, può rivelarsi un boomerang clamoroso. In primis adeguarsi repentinamente a una norma di questo tipo può comportare notevoli difficoltà alle squadre neo-retrocesse, che dovrebbero convincere i loro giocatori a ridursi lo stipendio repentinamente per rientrare nei parametri. Dando per scontato che pochi accetterebbero un taglio che guardando i salari delle squadre della Serie A può definirsi netto, le squadre sarebbero costrette a cedere necessariamente quei giocatori, che a questo punto avrebbero mercato solamente o in Serie A o all'estero e che quindi diventerebbero difficilmente piazzabili, o peggio ancora verrebbero venduti a prezzi da "Outlet", oppure resterebbero sul groppone a società che rischierebbero perdite economiche non di poco conto. In secondo luogo una riforma del genere fatta così repentinamente può pure minare le ambizioni delle squadre e finire per livellare verso il basso il campionato di Serie B. Se una società di cadetteria può permettersi di poter ingaggiare un giocatore di un certo livello, non sarà materialmente più in grado di farlo a meno che non siano i calciatori stessi a venire incontro alle società, cosa che comunque appare improbabile, visto che credo che siano poche le persone nel settore, e al mondo, che farebbero scelte economiche al ribasso. Il Salary Cap concettualmente dovrebbe servire ad aumentare la competitività assoluta di un campionato, e non a ridurre le spese delle società, ne tanto meno la competitività stessa. Pur essendo del parere che delle regolamentazioni economiche al calcio servano (il Fair Play finanziario è una cosa intelligente, se solo si capissero le modalità d'attuazione), credo che queste debbano essere ragionate e adattate ai contesti. Se si vuole introdurre una cosa del genere allora non puoi partire da una cifra "così bassa". Si potrebbe per esempio dalla cifra che rappresenta la spesa media complessiva degli stipendi della lega, oppure partire dallo stipendio massimo percepito dal singolo giocatore arrotondato per difetto o eccesso, e andarla a ridurre gradualmente nel corso degli anni per consentire alle società di adeguarsi. Oppure si potrebbe fare davvero come l'NBA, ovvero introdurre il tetto di spesa massima per gli stipendi dei giocatori e non per lo stipendio singolo, o magari in modo ancor più estensivo mettere un tetto massimo di spesa che una società può fare per rinforzare l'organico, andando a ribadire il concetto che le restrizioni della spesa e i vari tetti devono tenere conto del prezzo del cartellino, perché è un'elemento che va a bilancio. Tornando alla realtà, comunque vada a finire il "Salary Cap" rappresenterà una rivoluzione Copernicana all'interno del calcio italiano. E' una decisione significativa, ma come sempre quando capitano momenti di questo tipo si sta lanciando un boomerang. E quando il boomerang  torna indietro o si ha la prontezza di riflessi per prenderlo e fare un altro lancio, oppure si finisce per prenderlo in pieno, facendosi parecchio male. Chi avrà ragione, citando l'immortale Battisti,  lo scopriremo solo vivendo...

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